I brani di questo blog sono parte di un testo teatrale realizzato come work in progress e depositato in SIAE con il titolo "I monologhi del postpostismo. L’anonimo, l’ignoto, l’irrilevante.” 

L’espressione postpostismo rappresenta evidentemente una "vaccata semantica", come potrebbe definirla Alex, un amico ormai slegato a cui purtroppo ho fatto, senza volerlo, qualche torto, e che quindi non farà di persona questa precisazione. Come Alex potrà leggere qui, se vorrà fermarsi un attimo, egli è tuttavia ormai anche il suo doppio nella mia testa, portato dentro con affetto suo malgrado, tanto da definire strabene la "vaccata". Il postpostismo (come anche il prepreismo) non esiste (questa, lo so, è la vera notizia): nessuno si azzarderebbe mai a definirne i limiti, insomma, la dimensione in cui contenerlo. Inoltre, se anche esistesse, non potremmo conoscerlo: chi si azzarderebbe a definire i connotati di qualcosa che è dopo se stesso o che è prima di se stesso? Infine, se anche potessimo conoscere il postpostismo, non potremmo parlarne, essendo il suo stesso nome, com'è chiaro, un'autonegazione. Tutto questo ci porta alla seconda vaccata: il postpostismo somiglia all'idea che Gorgia, un filosofo del nichilismo sofistico, un quasi siracusano (ecco la possibile causa del nichilismo) come me, aveva dell'essere parmenideo. Ora, io (nel microcosmo in cui sono un NCDS) non ho mai aderito ad alcuna forma di nichilismo, e il relativismo a cui mi sento vicino è nella mia vita "solo" un esercizio di affinamento della comprensione (pur sempre approssimativa) della realtà. Insomma, a livello etico, non cerco un pretesto per destituire o soggettivare i valori di giustizia (i cui principi dovrebbero sempre essere quantomeno concertati e definiti collettivamente), ma tanti anni fa, quando ero solo un cattivo scolaro, confondendo le carte come fanno appunto gli studenti peggiori, io scambiai l'essere parmenideo nell'interpretazione gorgiana, per la realtà tutta intera in cui vedevo immersi gli uomini d'oggi, e, nella mia testa storta, feci di Gorgia un profeta della contemporaneità. Scrivo questo solo per lasciare intuire, senza spiegarle troppo, le idee di fondo del testo e del modo sconclusionato e meraviglioso in cui per anni e anni ho vissuto, non del tutto sicuro di quanto fosse reale ciò che mi circondava. Ne sono in questo caso contento, tanto da poter dire: "che meraviglia sono i malintesi!". A ogni modo, comunque la si pensi sul postpostismo e sul prepreismo, tutto quello che deriva da un inesistente che, per supposizione, immaginiamo sia reale, anche se reale non è , può essere comunque vero, o almeno essere un segno, leggibile o intuibile, oppure persino comunicabile e, come tale, replicabile. Essendo però questo materiale depositato in SIAE vi chiedo gentilmente di replicarlo o usarlo solo dopo mia esplicita autorizzazione... non foss'altro perché gli instancabili addetti della SIAE, dopo avere lavorato per mesi e mesi a verificare gli pseudonimi richiesti dagli autori fighi del postpreismo, e da quelli fulgidi del prepostismo (dimensioni, queste, forse possibili e probabilmente attuali), trascorrono dai 3 ai 6 minuti al giorno a verificare che gli artisti emergenti e sconosciuti, che s'illudono di essere talentuosi, non vengano plagiati. Un altro motivo è che oggi, diversamente da quando ero un povero studente ottuso che faceva di Gorgia un'icona del suo tempo (certamente lo era della decadenza della democrazia dei suoi anni), potrei, volendo, pagare un avvocato e chiedere i danni. È una precisazione inutile, soprattutto perché quel che scrivo non è così importante e incidentalmente perché io credo nel prossimo, amo la gente e sono quasi sicuro che i pochi a cui interesserà questo materiale chiederanno il permesso di ripubblicare quanto segue.
Detto questo, ancora mi chiedo quanto ci vorrà per entrare nel postpostismo o almeno tra quanto potremmo vivere, non dico il nostro futuro, ma almeno l'oggi,  il nostro presente.
Forse sarebbe già qualcosa, o no?

 

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