Amici alieni, per capire che la Terra non è il nostro pianeta non bisogna prendere numerose lauree, master o dottorati e neanche andare a studiare in esclusivi college americani, e badate che non sto esprimendo simpatia a favore di quella setta che immagina la Terra colonizzata da creature di altri pianeti in un passato imprecisato, sia chiaro. Per capire che la Terra non è il nostro pianeta, basta sotterrare un seme (di poco, io lo faccio di continuo, anche con i miei alunni, e ne vado abbastanza fiero!).
Il punto è che seminare un seme costringe Mauro (nome a caso di un personaggio a caso tra noi piccoli "non-terrestri"), a riconsiderare completamente la sua percezione del tempo naturale (inteso come tempo necessario alle "altre" forme di vita terrestre per guadagnarsi un proprio stabile "esistere" - e resistere).
Un seme costringe Mauro a interrogarsi sul rapporto tra la sua vita, trascorsa a inseguire una bella auto davanti a un videopoker, e quelle forme di vita "altre", nella scandalosa discrepanza tra il suo tempo (soprattutto quello soggettivo di cui scriveva Bergson) e quello naturale.
Questo gap sembra ovvio, ma non lo è sul piano della consapevolezza, del livello di coscienza che passa solo dal fare.
Il pomodoro, che tutti compriamo al supermercato in un gesto che dura sì e no mezzora, oggettivamente, da quando lo mettiamo sulla bilancia a quando lo paghiamo, oppure addirittura un breve istante nella catatonica percezione soggettiva della routine, il pomodoro, dicevo, si nobilita (e di brutto) nel momento in cui, per averlo in tavola, Mauro deve invece coltivarselo da sé, per un voto religioso o perché lo immaginiamo "pomodorofilo" in un mondo distopico che non vende più solanacee.
Tra la semina e la raccolta (per avere un singolo pomodoro) passeranno almeno due dei "nostri" mesi.
Ebbene, in quei due mesi Mauro ha una voglia folle di assaporarlo, ma la pianta che cresce sotto i suoi occhi non lo sa (o non gliene frega) e non ha nessuna fretta: prende senza sconti tutti i 60 giorni che le servono per far maturare il frutto, accettando volentieri di farsi aiutare (pure!) nella sua aspra (è proprio il caso del pomodoro) lotta contro le cimici nostrane, le cimici asiatiche, le coccinelle asiatiche, i ragnetti, le cicaline, le mosche, la peronospora, gli afidi, l'oidio, le cocciniglie, gli aleuroidi, i marciumi radicali, le cavallette, gli uccelli assetati, il granchio blu, la politica italiana, la tv spazzatura e molto altro ancora.
Per quei due mesi, rispetto alla voglia matta di Mauro, IL PIANETA È DEL POMODORO, punto.
Il ragionamento fila meglio riflettendo sull'aneddoto intriso di sensualità (quello davvero degno di nota) che qui vorrei raccontare.
Nell'inverno del 2021 Rossana ha portato a casa un pomelo (un agrume antenato di tutti gli agrumi) di cui sono ghiotto.
La varietà in questione è la "Honey" ed è senza semi.
Il pomelo Honey è probabilmente derivato da un'ibridazione tra un altro pomelo vietnamita e il pompelmo, e l'apirenia (assenza di semi) deriva dal fatto che l'honey è un ibrido con numero cromosomico dispari (come il mulo).
In pratica il pomelo honey (e la mula) per farsi fecondare (o nel caso vegetale per autofecondarsi - ed ecco qui anche lo "scandalo ermafrodita"), dovrebbero dividere a metà le proprie coppie di cromosomi, ma, avendo un cromosoma in più, indivisibile, questa varietà fa sterile sia il polline, sia l'ovino dentro al fiore (lo so, tutto questo eros in una volta sola fa girare la testa). Bene, quello specifico pomelo portato da Rossana nel 2021 aveva ben 40 semi fertili (non atrofizzati) al suo interno.
Com'era stato possibile? Quando in natura accade questo, le ipotesi sono varie... la pianta può aver trovato un modo di rimettere i numeri "in pari" ricombinando di nuovo i cromosomi in coppie (poi divisibili per la fecondazione tra gameti 1n e fertili), oppure producendo embrioni poliploidi (4n da 2+2, 6n da 3+3...), caso in cui le piante sono più resistenti e producono frutti più grandi.
Naturalmente l'occasione era ghiotta e, usando le dovute accortezze, ho prodotto circa 35 piantine che ho fatto crescere indoor nell'inverno del '21. Poi, l'inverno scorso, fuori, ma in serra climatizzata ricavata da un frigorifero, e infine quest'estate, in pieno sole e in vasi da 5 L. Adesso che sono già grandine e il frigo non basta più (qui si arriva anche a -6), ho chiesto a un noto centro di ricerca nazionale di prendere queste piante in gestione.
Il gentile Dirigente della struttura me ne lascerà la proprietà e le metterà in una serra in disuso in cambio della possibilità per chiunque (me compreso) di potere, un domani, coltivare su più ampia scala le varietà degne di nota che potrebbero emergere. Ora, al di là della mia ovvia enorme soddisfazione personale, che qui condivido con piacere, riporto questo fatto perché lo scienziato con cui ho avuto l'onore di parlare mi ha detto: "io prendo le piante in custodia per tot anni, coltivandole in vasi più grandi, poi, quando sarò prossimo alla pensione, l'avviserò affinché possa riprendersele o trovare un'altra collocazione (ma nel frattempo sicuramente ci rivedremo)".
Bene, per quanto non sia detto che ne derivino nuove varietà, il pensiero di questo dirigente denota una consapevolezza che potrebbe (e dovrebbe) raggiungere anche il nostro Mauro: noi andremo in pensione, o vinceremo una somma sfacciatamente alta al videopoker, (in entrambi i casi, di questo passo, ci vorranno almeno 60 anni di duro e continuativo lavoro), un po' ce la godremo, poi ci ammaleremo e infine, ci piaccia o no, toglieremo il disturbo, possibilmente il più tardi possibile.
Le piante, anche quelle commercialmente meno importanti, invece, (a mezzo dei semi e grazie agli uccelli, alle volpi e agli adolescenti eroici che ancora fanno le gare di sputo coi noccioli), le piante, dicevo, persino quelle meno degne di nota, perdureranno.
In molti casi, addirittura si lasceranno clonare, un pensiero (giustamente) per noi (quasi) proibito, e per loro ampiamente scontato grazie alla miracolosa e "semplice" riproducibilità da talea. Loro sì, a ragione, gloriosamente per millenni, e noi stronzi devastatori zozzoni inquinatori e cazzoni guerrafondai no...
e muti!
I veri padroni del "nostro" pianeta fanno questa quisquiglia da milioni e milioni di anni.
Pensiamoci quando sentiamo che c'è chi vuole il monopolio (o il trust) delle sementi, e, per capire quanto siamo dannosi nella nostra marginalità, se nella clementina (in teoria apirena), troviamo un seme, proviamo a seminarlo. Poi dedichiamo alla pianta che ne verrà, giorni, poi settimane, poi mesi, anni e decenni, con l'idea di lasciare l'albero che diventerà, per esempio, a nostro figlio, e a sua figlia, e a suo figlio, e a sua figlia e...
P.S.
La foto ritrae del grano che ci pernacchia per mano di qualche buontempone (certo gli adolescenti dopo che hanno finito la gara di sputi), ritraendo tra le altre cose la poliploidia dei cosiddetti alieni (quelli della fantascienza).
I ragazzi sono sani, (forse troppo nerd in qualche caso), chi ci crede, invece, si avventura un po' nel territorio degli "artisti di merda", stando a un famoso titolo di Dick, ma quella è davvero un'altra storia...