Riconoscevo la tua voce tra dozzine,
oggi non la scovo nel silenzio
che affronto armato
di virgole
e di chiacchiere,
talvolta d'una onesta solitudine,
suonando le vocali e i malumori
gemiti entrambi,
come stupidi proclami di piacere,
grappa d'ordinanza del soldato che
stenta a ritirarsi,
incitazioni a vivere
quasi frustate sulle spalle
ora appena curve e sempre abili
forti tanto
da condurre dentro al sonno,
ancora
la nota dominante di un profumo
di cenere
equilibrato miele
di bosco, di sudore e di vaniglia.
Lo sento talvolta dentro al sogno
e sogno ancora, temo,
per essere chi ero mentre migro,
ora complice spesso
in altri luoghi.
Ritrovo un po' di me così ,
dentro l'altrove
di cui non conosco alcunché.