F.
anonimo
vinto
residuale
questo mondo di vento
sembra per lui non disporre più niente,
e forse niente sarà dei suoi anni;
deve essersi perso un passaggio intermedio
tra lo stupore per miraggi proiettati
per miope immersione
in esibite convinzioni
e i pianoforti sul collo;
tra il poco e quel tutto
di cui mai ha lamentato il bisogno,
tra il volere sparire e l’imparare ad amarsi,
deve essersi perso in qualcosa,
deve avere deviato il percorso,
infuriato sereno e non più pertinente
annegato e bastante,
bastonato e libero,
rapsodico talvolta
innocuo plebeo,
forte del solo suo respiro,
distinto e scuro
in questa folla scintillante
diverso
dalla frenesia quotidiana,
rabdomante tra assetati di altro,
di bevande zuccherate e collose,
gonfie di anidride e di ammine,
oppure di ambrosia e di alloro
introvabile,
almeno quanto è onnipresente
ogni vago dispensatore di certezze;
eppure, aleggia in lui
nel cuore
il senso d’un ritorno a qualcosa
come pace che non elude rinunce
e muto non sembra
perché
pur tacendo
lo scandalo inaccettabile
è tutto fuori di lui
e sono lontani gl’incubi
in cui si dibatteva
bambino privo di voce
stritolato da mani gigantesche,
di pietra
non più;
la morsa sgretolata gli rende il riposo,
molle melodia del ritorno alla casa
per quanto lontana dal mondo,
e lui corrisposto o ignorato,
latore d’una fiducia irragionevole,
che incanta la sua fame
e racconta al bambino:
“qualcosa di bello,
sarà
ancora
di te”.