Diciamo subito... il benzene è la sostanza volatile con quell'odore pungente che sentiamo quando ci riforniamo al distributore.
A parte alcune certezze assolute (a Siracusa questo "idrocarburo aromatico" corrode la segnaletica orizzontale e tenta di intaccare il mio amore per la gente), la storia che mi porta al benzene è davvero strana.
Ero solo un ragazzino e ricordo bene che io e mia madre eravamo alla pompa di carburante in fondo a via Augusto Von Platen, a Siracusa, con la nostra comodissima 127 color argento (che molto più tardi alcuni amici scherzosi - grazie Lele! - avrebbero ribattezzato "la démodè").
Lì c'era un benzinaio simpatico che faceva tanti sorrisi agli automobilisti (e soprattutto alle automobiliste) e, intanto che riforniva gli uni e le altre e "dava loro la chiacchiera", metteva nove mila lire di benzina se ne avevi chieste dieci, diciotto se ne avevi chieste venti e così via. In famiglia fui io ad accorgermi per primo che il tipo faceva la cresta sul rifornimento perché quel giorno, lo ricordo come fosse oggi, ero seduto sul sedile posteriore per via di un carico di libri posto su quello anteriore (mia madre viveva sommersa da libri e dispense ovunque, ne avevamo persino in una vecchia credenza, al posto di piatti e bicchieri). Quindi, dalla mia posizione privilegiata, anche se il sorriso smagliante dell'attempato reclamava a pieno titolo la mia complicità da ragazzino "babbo", dissi a mia madre "vedi che quello fa il simpatico, ma è un pagliaccio... non ti ha messo venti. A diciotto si è parato davanti al contatore e l'ha azzerato...". Mia madre rispose "no, ma che mi stai dicendo? Avrai visto male Luca...". E io "boh, io ho visto che si fermava a 18...al tuo posto cambierei benzinaio". Poi aggiunsi "però questo odore di benzina che è rimasto in macchina mi piace un sacco...".
"Ah davvero? Io invece lo trovo rivoltante..." (la mia mamma era spesso indignata verso tutto ciò che reputava rivoltante, o meglio, che le dava il "voltastomaco").
Un altro evento importante sul benzene, che discende dal primo, riguarda il servizio militare. Una volta, quando la leva era obbligatoria, in quarta o in quinta superiore, ti arrivava la chiamata per la visita medica con cui ti avrebbero reso abile e arruolato, appunto obbligatoriamente, oppure ti avrebbero considerato non idoneo e quindi "riformato" (mai capito cosa c'entrasse, etimologicamente, l'esclusione dalla leva, con l'azione di "riformare"). Comunque, come tutte le cose imposte "per legge", non c'era una logica (o una concertazione) e quindi dovevi sottostare ai loro calendari di chiamata. A chi era nato nei primi sei mesi dell'anno, toccava la marina, chi era venuto al mondo da luglio in poi andava nell'esercito, i belli sopra il metro e ottanta erano candidati granatieri, e per chi ci credeva fino in fondo c'erano il corpo dei paracadutisti o il battaglione San Marco. Sorvolando su come andarono le giornate nel complesso (ci sarebbero tante storie carine da riportare), la cosa che vorrei menzionare è il momento della valutazione psicoattitudinale. Sarà perché avevo i capelli un po' lunghi o perché ero alquanto scettico, ma nel momento del colloquio mi fu chiesto: "lei ha scritto che ama i fiori, poi, poco dopo, ha scritto che mai farebbe il fioraio, come lo spiega?". Io avrei potuto dire che venivo da una famiglia contadina, che mio nonno, quando ero bambino sfregava la zagara tra le dita prima di farmele annusare, o che avevo trascorso molte sere d'estate sotto a un gelsomino fiorito dal profumo meraviglioso, sempre nella casa del nonno, oppure che, sempre lì, avevo ammirato le rose antiche e setate dai colori seducenti di mia nonna, e avrei poi potuto aggiungere (da "ambizioso" inconsapevolmente ignorante) che tuttavia, per esigenze di "progressione sociale transgenerazionale" (forse avrei già potuto definire così la cosa), non potevo diventare "solo" un contadino.
In quell'età stupida in cui sei conformista, tuo malgrado, proprio quando ti credi un outsider, dissi invece "se è per questo, mi piace anche l'odore della benzina, ma non significa che nella vita io voglia fare il benzinaio".
Se fossi stato un po' meno stronzo e avessi risposto spiegando perché amavo i fiori, forse mi avrebbero riformato (come minimo per troppo sentimentalismo) e mi sarei risparmiato il tranello mentale di studiare, all'inizio, solo per non partire soldato. Invece a quella mia rispostaccia l'ufficiale di turno mi dichiarò abile e arruolato e mi rimandò a casa con un congedo "limitato e provvisorio" che mi diede molto da pensare sul mio conto e sul mio futuro.
Questi, fino all'anno scorso, gli unici due avvenimenti della mia vita legati al benzene.
Poi purtroppo, a marzo 2022, d'un tratto, è arrivata la notizia che mia mamma stava male e, in qualche giorno, anche la notizia che i suoi livelli ematici non erano bassi per una semplice ulcera o per un'emorragia gengivale, ma perché, a causa del benzene e forse anche dei pesticidi, la mamma, a cui quell'odore dava appunto "il voltastomaco", la mamma, dicevo, che veniva da quella famiglia di contadini che sugli ortaggi non aveva mai messo un bel nulla, aveva sviluppato una brutta leucemia che, abbinata al covid, se l'è infine portata via in due mesi e mezzo.
Peccato davvero, perché mia mamma era, seppure inquieta ed esigente, una persona meravigliosa. Non c'è molto da aggiungere, a parte le scuse a coloro che non l'hanno saputo o che l'hanno saputo molto tempo dopo, ma come potete immaginare, eravamo tutti sconvolti. Potrei forse scrivere ancora qualcosa, non per rabbia, lo giuro, ma giusto per apostrofare i due attori principali di questa vicenda: i pesticidi e il benzene. Lo farei senza spirito di contestazione, solo perché ci sono casi in cui le domande sono più importanti delle risposte.
Ai pesticidi, proprio direttamente a loro, farei due o tre domande che sottendono un appunto di massima valido, a mio avviso, anche a Locorotondo, a Terracina, a Piovarolo o a Piovelagna, e cioè: la sostenibilità delle colture, può ancora essere secondaria rispetto al superamento del vostro utilizzo? Ci sono già oggi varietà vegetali resistenti, o dobbiamo ancora ingollarvi a tutto spiano per far girare un pezzo di economia di cui noi comuni mortali non vedremo neanche le briciole? Quante altre varietà resistenti si possono creare a partire dalle macerie di questo sistema produttivo? Siete da accettare passivamente come una delle "semplici" ricompensazioni maltusiane (secondo cui il sistema "elabora" da sé malattie, epidemie e guerre per compensare la penuria di risorse) a vantaggio degli egregi sopravvissuti (noi "resistenti-finché-dura", e quelli che possono comprare ogni giorno un vero biologico)?
Questo chiederei ai pesticidi.
Per il benzene la storia cambia e le domande che ho in testa sono tante. Sono tutte senza risposta, e sono le stesse potenziali degli amici siracusani che conosco e che non osano nemmeno pensarle, un po' perché - anche se meno del marketing - "ibbenzene iè lavoro" (per chi? in quale cornice di regole? con che ricadute economiche sulla società siracusana? con che bilancio tra economia e salute? con che qualità delle strutture sociosanitarie?...) e un po' perché, io lo capisco, non si può vivere ogni giorno raccontandosi la favola della "città del sole" e al contempo farsi certe domande. Per cui mi astengo e mi limito al gioco leggero di scrivere:
"Caro benzene, vorrei chiederti...", lasciando la frase a metà, sicuro del fatto che ognuno di voi, amici, potrà completarla liberamente, a proprio piacimento, in base alla propria soglia di indignazione, alla propria sensibilità e alla propria cultura.
Nel frattempo, se non vi secca, io e mia mamma, quella mamma eterna che mi porto dentro, proviamo ancora, nonostante tutto, nonostante il "voltastomaco" (che oggi un po' ha contagiato anche me), a farci due risate con questa meravigliosa cover dei qbeta, geniale ristrutturazione in stile ready-made, della peculiare gioia di vivere tutta siracusana.
Scusate se è poco.
Ti voglio bene mamma!
P.S. Il servizio civile sostitutivo svolto a Bologna con gli anziani in un centro diurno, con anche ex militari ed ex partigiani (insieme), molti anni più tardi, è stato un'esperienza fantastica che mai e poi mai dimenticherò e, anche se il mio congedo, ora illimitato, è ancora, per legge, "provvisorio", lì di questioni militari (e di guerra) si parlava con ben poca retorica.
Lì i fiori, chissà perché, piacevano a tutti.
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